Intervista a Claudio Silvestrin - Illustrazione di António Soares • Camera Nazionale della Moda Italiana

Intervista a Claudio Silvestrin - Illustrazione di António Soares

Intervista a Claudio Silvestrin - Illustrazione di António Soares

Crede che l'architettura sia una forma di poesia, capace di dare emozione attraverso spazio e materia. Claudio Silvestrin, celebre firma dei più suggestivi store di Giorgio Armani, preferisce il vuoto al riempimento indiscriminato, l'eleganza alla trovata sensazionale. E difende con ferrea disciplina i principi della sua arte.

Quali sono le prime domande che si pone prima di cominciare a progettare gli spazi di una boutique?

Penso anzitutto a visualizzare in modo limpido lo spazio, inteso come massa d'aria (alcuni lo chiamano vuoto). La sfida sta poi nel preservarlo perché fa tendenza il soffocamento dello spazio, quello che gli anglosassoni chiamano clutter.

I negozi di Giorgio Armani in tutto il mondo portano la sua firma. Com'è stato collaborare con lui?

Fantastico! Tra creativi ci si diverte e ci si arricchisce. È essenziale, tuttavia, voler condividere l'intento di comunicare lo stesso messaggio.

Serenità e purezza sono termini che sovente la descrivono. In un'epoca come la nostra talora affetta da iperdecorativismo quanto conta tornare all'essenza?

L'iperdecorativismo è, secondo me, un fenomeno di decadenza, di debolezza culturale. L'animo umano avrà sempre bisogno di silenzio, di serenità e di purezza, ieri oggi e domani. Essere un guerriero che fa da scudo alle necessità dell'anima: forse è questo il mio destino.

Il rapporto con la committenza. Per essere architetti in gamba bisogna anche essere un po' psicologi?

Certamente e, per fortuna, lo sono. Ma è utile essere anche bravi venditori di se stessi, e qui navigo male.

Cosa vorrebbe vedere nel futuro della moda, e della moda italiana?

Nel futuro, penso, ci sarà piu sinergia tra moda e tecnologia. Vorrei che i progettisti osassero di più, che pensassero più da architetti e meno da arredatori.

 

 

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