Intervista a Stefano Beraldo, AD Gruppo Coin. Illustrazione by Anna Higgie • Camera Nazionale della Moda Italiana

Intervista a Stefano Beraldo, AD Gruppo Coin. Illustrazione by Anna Higgie

Intervista a Stefano Beraldo, AD Gruppo Coin. Illustrazione by Anna Higgie

Il riposizionamento di Coin e OVS sul mercato si deve a lui. Come pure l'esperimento di un multimarca di lusso come Excelsior. Manager a tutto tondo, interprete sensibile del fast fashion, Stefano Beraldo è un protagonista assoluto nell'attuale rivoluzione dei consumi.

Sembrava destinato al tramonto e invece con voi il grande magazzino di città è tornato glamour? 

Il grande magazzino in Italia ha avuto un’evoluzione diversa da tutto il resto del mondo. Qui la peculiarità del paesaggio urbano, fatto di piazze e vie dove sono nate le botteghedel Rinascimento, ha favorito una forma di commercio unica al mondo. Piccoli negozi del centro storico sono diventati luogo naturale dove il commerciante locale ha saputo fondere l’amore della moda con la conoscenza del territorio. Le marche di ogni posizionamento hanno potuto trovare un terreno di diffusione in questa alchimia. Oggi la situazione sta cambiando. Stanno giocando a favore del grande magazzino anche in Italia da un lato il sorgere dei centri commerciali, che sostituiscono il piacere del passeggio con l’efficienza di un parcheggio e l’emozione con la quantità e la completezza, dall’altro la crisi che ha ridotto i consumi e la capacità d’investimento dei piccoli. Il grande magazzino di oggi però non è più inteso come un luogo dove si trova di tutto, ma come un grande negozio dove si mescolano varie ragioni di visita. Quella di un’esperienza di shopping più libera e aperta, espressa in un contenitore moderno, curato, dove il personale ti assista con misura ed equilibrio. In questo contesto la Coin, quando sono arrivato 9 anni fa, era un finto department store. Gran parte dell’offerta consisteva in marche proprie ed erano presenti solo poche marche a vocazione mass retail. Oggi Coin si è sicuramente trasformata in un’insegna molto contemporanea. Credo che nei 52 negozi si trovino circa 5000 corner o aree dedicate a una marca: dal fast fashion di successo, al lusso accessibile italiano o americano. Ma non vogliamo fermarci qui. Il bisogno delle marche di trovare una distribuzione in linea con il loro posizionamento, che spesso il piccolo negozio non è in grado di garantire, e volumi di traffico tali da giustificare gli investimenti, ci inducono ad accelerare verso la qualità. Ho voluto dar vita a Excelsior Milano proprio per intercettare questo bisogno del lusso di un contenitore sofisticato, gestito con lo scopo di essere destinazione di clienti alla ricerca di qualità e bellezza. E ora anche Coin, grazie all’esperienza di Excelsior Milano, entrerà nella sua ultima fase. Quella del lusso accessibile. Non solo marchi ad alta diffusione ma anche le migliori proposte di prêt-à-porter italiano e internazionale, in un ambiente curato e raffinato. A breve la prima importante novità.

Lo shopping online di lusso è in continua crescita. Succede anche per gli acquisti di prezzo medio basso?

Le vendite online nel nostro Paese sono ancora poco significative. E la maggiore attenzione viene rivolta al lusso. È qui infatti che il cliente può trovare numerose piattaforme che offrono prodotti della stagione conclusa a prezzi favorevoli. Io per il momento sto considerando l’e-commerce come luogo dove posizionare al meglio la nostra immagine. È ormai qui che si formano molte relazioni importanti con la clientela. Qui chi ti visita lo fa per pura scelta, non perché ha trovato sulla sua strada il tuo marchio. Qui vieni scelto tra centinaia di concorrenti. Qui vieni giudicato su variabili ulteriori rispetto a quelle che puoi azionare nel negozio fisico. Sto chiedendo al mio team scatti fotografici e fit perfetti, interessanti. Non voglio un sito emporio.

Il sostegno ai giovani designer. Prevedete strategia per coinvolgerli nel canale della grande distribuzione?

Fondamentale per noi. Importante per loro. Dobbiamo convincere molti talenti che non ci sono solo le prime linee come sbocco per la loro creatività e capacità. Anzi penso che in futuro assisteremo sempre più spesso a collaborazioni organiche e non episodiche tra uffici stile delle aziende fast fashion, e grandi stilisti. Per loro è una grande sfida realizzare prodotti belli, commerciali, e ai piccoli prezzi che questo posizionamento impone. Qui c’è da imparare dal mondo dell’auto. Grandi talenti hanno realizzato piccole auto, non solo ammiraglie. Dal canto nostro, con l’iniziativa F4YG (Fashion for Young Generation) investiamo con successo sui giovani. Lo facciamo in collaborazione con le più prestigiose scuole di moda del mondo, mettendo al servizio di giovani neo-diplomati la capacità produttiva e distributiva di OVS e l’esperienza di designer affermati per guidarli nel percorso creativo. È un progetto di lungo termine che è stato lanciato nel 2013 e ha visto come protagonisti nomi autorevoli quali Central St. Martins e Matthew Williamson, Istituto Marangoni e Alberto Aspesi  che hanno affiancato due giovani talenti nella creazione di capsule collection che  hanno registrato il sold out in pochi giorni.

Cosa vorrebbe vedere nel futuro della moda, e della moda italiana?

Nel futuro della moda e di quella italiana in particolare vorrei vedere ancora una delle cose che rilevo oggi, cioè un’immensa capacità creativa, che, grazie alle basse barriere all’entrata caratteristiche di questo settore, consente a persone intelligenti di imporre nel mondo il talento e il gusto italiani. Dall’altro mi piacerebbe veder emergere ancora maggiore consistenza d’impresa. Nel senso che troppo spesso negli ultimi anni le nostre griffe, che sono pezzi del nostro panorama culturale, sono state vendute a gruppi che hanno saputo trasformarsi e diventare multinazionali. Da maison a impresa. Da impresa a gruppo. Diventare grandi per restare artefici del nostro futuro.